Una storia vera

Quarta parte - Il seguito

 

2011

 

Sono passati due mesi e mezzo circa. Sto leggendo il giornale: in realtà lo sfoglio, perché non sono più capace di leggerlo. Non mi interessa più nulla, i titoli scorrono sotto i miei occhi via via che giro le pagine, ma è come se non li vedessi. Comprare il giornale è semplicemente un’abitudine: niente di più. Finché a pagina 24 mi fermo e leggo un titolo a caratteri cubitali: “Il piano vendite del San Raffaele”. Aggrotto la fronte, non capisco e comincio a leggere: “…..per salvare dai debiti l’ospedale San Raffaele l’obiettivo è incassare subito almeno 120 milioni di euro….Per fronteggiare il dilagante debito di oltre 900 milioni…..”non leggo più: rifletto, poi riprendo a leggere. In vendita ci sono alberghi, fazendas – piantagioni di mango e meloni – perfino l’albergo appena costruito che dovrebbe ospitare i familiari dei pazienti che vengono qui da lontano per l’unica speranza di salvezza che resta loro. E poi società, compagnie aeree…

 

Dunque era questo? dunque era questo il motivo di così tanta pressione perché la portassi a casa? Dovevano dimetterla perché era ormai solo un costo?  E tutti quei soldi che avrebbero dovuto essere destinati alla ricerca…erano serviti a questo???

Ripenso a una telefonata: la D.sa Rabaiotti due giorni dopo le dimissioni aveva chiamato per sapere come andavano le cose. Allora le dissi che stava “benino” e lei riuscì perfino a parlarle. Ma quando telefonò ancora, dopo altri tre giorni, fui aspro “non lo sapete già come va?” Mi disse che non era possibile trattenerla ancora, perché quello era un ospedale, non un hospice…Le dissi quanto era importante per lei restare in ospedale “lei si fidava…lei in quelle quattro mura di quella stanza si sentiva protetta…”dissi. “Se lei vuole non chiamiamo più: sappia che comunque noi la conserveremo sempre nei nostri cuori” disse.

 

La storia non deve finire così. Non credo sia giusto addossare colpe a chi colpe non ha. Tutto il gruppo della ginecologia oncologica  - che qui voglio menzionare: Mangili, Rabaiotti, Petrone,

Garavaglia, De Marzi, Montoli, Gentile, Pella, Ottolina – ha fatto il miracolo di regalarle quattro anni di vita in più: dalla recidiva fino al gennaio 2011. Senza di loro, non sarebbe stato possibile.

E’ possibile che non abbiano potuto trattenere ancora mia moglie per dieci giorni in più, ma non per loro volontà: ma perché forse qualcuno dall’alto le ha costrette. Ma questo non toglie nulla al loro valore. Tutti i medici che ho potuto consultare hanno detto la stessa cosa: con quella malattia si resiste due, al massimo tre anni, non di più. Lei ne ha vissuti dieci. 

 

*…*…*

 

Ho scritto per lei tre poesie. Sono: “E’ nata una stella”; “Nel tempio delle anime” e “Il vestito”. Quest’ultima l’ho scritta dopo che le mie cognate e mia nuora sono venute a prendere tutto ciò che avrebbe potuto parlar loro di lei.

 

E` nata una stella

 

E’ nata ieri, in pieno giorno: eccola la mia stella più luminosa;
la più bella tra tutte le stelle, è la più cara perch’è la mia sposa.
Non ci sarà mai niente di più fulgido, nessun altro amore potrà
oscurarla: Lei era tutto, per me ancor di più, e così sempre sarà.

Dicon che non è vero, dicon che non son solo: dicon gli amici
che loro ci sono. Ma niente potrà mai lenire queste cicatrici,
niente potrà mai uguagliare la sua presenza, niente: son solo,
solo questo io sento; chi era qui accanto ora è lassù in volo.

Ha fatto una promessa, l’ultima sua promessa: sarà il mio angelo
e me lo farà sentire. Io che l’ho amata proprio come fosse angelo
sentirò la sua voce e ne farò tesoro: so che mi sarà vicina vicina
finché un giorno sarà il mio momento, ed allora troverò la regina

della mia vita. Lei mi guiderà fino alla fine, brillando lassù,
illuminando i miei passi, ed io la seguirò come fosse cometa
che guida e conduce solo verso il bene, sarà la strada segreta
che solo io posso conoscere: io e Lei, Lei dal suo cielo blu.

Aveva un nome: la chiamavo Luciana, ma io nel mio cuore
ho molto più di un nome. Era, è e sarà per sempre:  Amore.

 

Il tempio delle anime

Solo uno scalpiccio sotto le scarpe,
ghiaia che si muove e così geme:
altre persone con al collo le sciarpe
si muovono lente, seguendo uno schema.

Sanno dove sono gli amori perduti,
seguono i lunghi viali silenziosamente:
labbra sussurrano preghiere mute,
poco lontano un'altra camera ardente.

Quattro gradini restano ancor da salire,
un ultimo sforzo per di nuovo morire:
davanti al suo viso lo sguardo si accende,
il viso bagnato, una lacrima scende.

"Questo è il tempio dove siete volata,
non mi è stato permesso venire con Voi":
questo è il tempio dell'unica mia amata,
questo è il tempio dove un giorno scriveranno

N O I .

 

 

Il vestito

C'è una stella or, su nel cielo,
anche se piove: lì c'è un velo
che la copre. Ma c'è un uomo,
quaggiù sulla terra, nel duomo

dei ricordi che conserva nel cuore,
che riesce a vederla: dicon sia Amore.
Allunga la mano come per toccare,
ma la distanza è troppa: è un mare.

Allora sfiora un vestito: è leggero,
di rosa e bianco egli è prigioniero.
Dicon che subisca: no, non è vero,

lo sente dentro quanto il cuore duole.
Quel vestito colorato era del suo amore,
no, non sta subendo: sol ricordare vuole.

 

Dicono che il tempo è il miglior medico che esista. Dicono anche che un uomo deve essere forte, deve saper reagire…Ma dicono anche che per quanto tempo possa passare, non ci sarà mai fine al proprio dolore: questo vuoto non smetterà mai più di essere il compagno della mia vita. La mattina mi sveglio e ho solo un desiderio: alzarmi immediatamente per non vedere quel cuscino vuoto. Davanti al letto c’è una sedia in vimini, quella dove mi sedevo per farle compagnia: anche se non parlava più, io lo so che sapeva che ero presente.

Sfoglio gli album delle fotografie. Davanti a me quattro scatole: una, chiusa con un nastro bianco,  contiene il suo abito da sposa; un’altra il vestito che indossava il giorno del matrimonio di nostro figlio; un’altra ancora tutte le sue sciarpe, i guanti…l’ultima contiene le sue cose di tutti i giorni: i suoi occhiali da sole, che lei portava sempre, anche d’inverno, perché diceva che le tenevano a posto i capelli; i suoi occhiali da vista, i suoi documenti…

Tutto in questa casa parla di noi: dall’oggetto più piccolo e insignificante all’enorme quadro appeso in soggiorno. Tutto: perché qualsiasi cosa noi si facesse, qualsiasi oggetto si acquistasse eravamo sempre insieme. Insieme: per noi era la parola più importante di qualsiasi altra.

Non voglio che questa casa diventi un simulacro: per questo ho messo tutto quel che mi è rimasto di lei nelle scatole. Il simulacro c’è: è dentro di me, nel cuore.

Ogni giorno mi reco al “tempio delle anime”: le parlo, le dico cosa ho fatto, le racconto del nostro nipotino che cresce e ha già messo quattro dentini….

Ho conservato alcuni messaggi che mi hanno mandato gli amici: uno dice “…continua ad avere quel coraggio che hai sempre dimostrato…”

 

Grido al mondo che non sono forte, non voglio essere forte!

Chiedo soltanto di lasciarmi il mio diritto: lasciatemi solo piangere.

 

8 Maggio 2011

 

I ragazzi sono venuti qui a pranzo: per loro ho preparato le trenette al pesto e il vitello tonnato. Mia nuora mi dice che sono bravissimo e che non devo aver sempre paura di sbagliare, perché le cose mi vengono bene.
Un po’ più di fiducia in me stesso: è questo che devo imparare ad avere.

Riccardo, il mio nipotino, tra poco compirà 11 mesi. E’ un amore.
Appena entrato in casa ha voluto vedere tutto e toccare tutto: le civette di mia moglie (saranno più di un centinaio, ne faceva la raccolta: ovunque si andasse, non mancava mai di tornare a casa con una civetta), i quadri, la mia chitarra che un po’ lo impaurisce, le fotografie…
Me lo tengo in braccio e me lo coccolo e scherzo con mia nuora:
con quegli occhioni blu e i capelli chiari, quasi biondi, chissà quante ragazzine gli correranno dietro!

“Riccardo ha sonno, è ora di andare” mi dicono: li aiuto a vestirlo, li accompagno fino all’uscita, orgoglioso come qualsiasi nonno del proprio nipotino.
Una volta non ci credevo quando dicevano che i nonni per i nipoti “rincoglioniscono”…Beh, adesso so che è vero.

Sono in casa: qui, da solo, come dal quel giorno. Mi guardo intorno: sulla testiera del letto ci sono le sue fotografie, quelle già descritte e una in più. E’ la foto che la ritrae in Sardegna nel 2007: con quel vestito era meravigliosa ed è la stessa foto che ho fatto riprodurre per il “Tempio delle Anime”.

Faccio un po’ d’ordine in cucina, poi faccio andare la lavatrice: ci sono troppe camicie da lavare, meglio che mi porti avanti.

Poi mi siedo sul divano: troppo tardi per uscire a fare una passeggiata, decido di mettere a posto un angolo del mobile dove accantonavamo le riviste e qualche giornale. Infatti trovo cataloghi-regalo vecchi, un cruciverba, qualche inserto di giornale che lei aveva conservato per il “non si sa mai” e infine, tra due manuali d’istruzione degli elettrodomestici, trovo un porta-documenti. Me lo rigiro fra le mani, non sapendo cosa sia: lo apro e ci trovo all’interno un blocco per appunti. C’è un foglio un po’ più lungo che spunta dalle pagine: lo sfilo. E’ piegato in due, lo apro e leggo:

 

Caro Riccardo avrei voluto fare la nonna “a tutto tondo” ma non è stato possibile.

Era il mio più grande desiderio ma purtroppo cose più grandi di noi non lo hanno permesso.

Ti ho tanto desiderato e da quando ho saputo della tua presenza nella pancia della

tua mamma ho cominciato a volerti bene e ad aspettarti, a immaginarti, a provareper te un amore infinito.

       Sei un bambino molto fortunato perché hai due genitori stupendi che tti hanno tanto voluto e da subito hanno dimostrato mille attenzioni e hanno preparato per  il tuo arrivo tutto ciò che di bello ci può essere.

Ti auguro una vita gioiosa piena di amore e ti abbraccio stretto stretto

la tua nonna Luciana

 

F I N E